Perchè si dice “trovare la soluzione?”.
In chimica una soluzione è formata da un solvente che è la sostanza presente in quantità maggiore, capace di sciogliere e da un soluto (o soluti) la sostanza (o le sostanze) presente in minor quantità che si sciolgono. Quando creiamo una soluzione, quindi, sciogliamo (o sleghiamo) qualcosa in qualcos’altro. Ora immagina di avere, o di vivere, una situazione ordinaria che viene sconvolta dall’arrivo di nuovi elementi (notizie, favorevoli e non, imprevisti, eventi attesi ma che con il loro arrivo scardinano le nostre posizioni e cambiano i nostri ruoli); la routine possiamo paragonarla al solvente, e la novità al soluto: insieme, ma solo se interagiscono e si trasformano, creano la soluzione. La soluzione, come puoi intendere, è l’esito della riebolazione delle parti che la compongono, e ha sicuramente un impatto nuovo sulla nostra pecezione degli eventi.
Il verbo “soluzionare”, che non si può più considerare un neologismo poiché i vocabolari ne fanno risalire la prima attestazione scritta al 1927, viene adoperato sempre più spesso per intendere ciò che ho appena descritto. Anche se normalmente si preferisce adoperare il termine risolvere, trovare la soluzione resta a mio avviso la definizione più calzante: essa ha valenza alchemica è implica un investimento diretto al fine di personalizzare l’esito. Risolvere, di fatto, indicherebbe invece una reiterazione a un dato problema e lascerebbe intuire che esso sia già stato affrontato, in qualche modo (ri-solvere: trasformare nuovamente).
CATERINA CIVALLERO saggista e scrittrice
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